© Andrea Sardi RIPRODUZIONE RISERVATA
CAFE’ DOMINGUEZ
I miei pensieri non procedono in linea retta, ormai lo sai.
Si muovono ribelli e inquieti, come i capelli di quella giovane donna alla brezza del mare.
Sgorgano da sorgenti inaspettate, trovano un loro percorso come torrenti fino a comporsi in un fiume di emozioni e perdersi tra quelle onde.
E’ un po’ che rifletto sull’Accettazione ed ora che inizio a scrivere mi viene in mente un tango di Carlos Bahr e Armando Pontier.
“… Avrei voluto cancellarti dalla mia vita e in ogni pensiero ti ritrovo ogni giorno. Volevo mettere a tacere i miei sentimenti, mostrando indifferenza, archiviando il ricordo di te. Ho provato a soffocare, con fermo desiderio, il grido di questo amore che era il mio segreto e stasera, infrangendo tutti i miei sforzi, la voce del cuore ha rotto il mio silenzio…” [Cada día te extraño más, Tango 1943, Música: Armando Pontier, Letra: Carlos Bahr].
“Oddio, volevo scrivere dell’Accettazione e parlo d’Amore?”, ho pensato subito, e poi: “Senza accettazione non può esservi Amore”; subito dopo: “Ma non è forse l’Amore vero, Assoluto, non una passione qualunque, la cosa più difficile da accettare?”.
La sorgente sta già diventando un torrente con tutte le premesse di un fiume impetuoso.
Carlos Bahr ci dice, in tutti i suoi versi, che l’Amore è una forza alla quale niente può opporsi.
“… Io so che anche se anche tu mi vuoi, c’è qualcuno che si frappone tra noi due… il tuo destino è amarmi, il mio destino è amarti. E il destino è più forte del pregiudizio, del dovere e dell’onore… Dobbiamo piegarci e soffrire entrambi per questa separazione amara e più che crudele… Ma il cuore non potrà mai, anche volendo, rinunciare al diritto di questo amore” [Prohibido, Tango, Música: Manuel Sucher, Letra: Carlos Bahr].
Si amano, ma lei è legata ad un altro e sebbene la decisione di vivere una separazione crudele sia moralmente coerente, niente può fermare il sentimento, non di certo la mente che, con considerazioni puramente razionali, cerca inutilmente di opporsi ad un Amore voluto dal Destino (il destino è più forte pregiudizio, del dovere e dell’onore ).
Accettazione.
La prima volta che una maestra di yoga usò questo termine, te lo confido, ebbi un moto di profondo rifiuto: “Io non mi arrendo!”, le dissi. Poi compresi che accettare è tutt’altro che una resa, è un’assunzione di responsabilità necessaria per affrontare ciò che è e viverlo con pienezza, se risponde alla voce dell’Anima, o per agire coerentemente per affermarla.
Accettare è prendere coscienza prima di tutto di noi stessi, con tutti i nostri limiti e potenzialità, comprendere ciò che ci muove, individuare in noi le voci dell’Ego e dell’Anima, ascoltando la prima per dominarla e così seguire liberamente la seconda.
Accettare è da prima padroneggiare l’Ego, e quindi Paura e Piacere, visto che i primi veri ostacoli sono dentro di noi, per realizzare ciò che la nostra Anima esige, superando di conseguenza anche gli scogli di questo grande mare che è la vita, gli impedimenti imposti dal mondo attorno a noi.
Accettare è essere consapevoli che non siamo perfetti, come a volte inconsciamente pensiamo e implicitamente affermiamo, quando giudichiamo gli altri o quando ci aspettiamo dagli altri ciò che noi stessi non diamo.
Accettare è essere consapevoli che l’Io ideale e il mondo ideale sono solo una pura astrazione, una proiezione del nostro Ego che aspirerebbe, come un bambino, ad una esperienza di vita perfetta fatto solo di Piacere, senza contrarietà, senza dolore.
Accettare è accogliere le difficoltà della vita reale ed impegnarsi per superarle, lavorando su se stessi e di riflesso, con l’esempio, cambiando ciò che può essere cambiato intorno a noi. Con l’esempio, perché questo è l’unico modo possibile, laddove ci sia una opportunità.
Tutto questo è forse “arrendersi”?
Mi dirai: “Io lo so che non sono perfetto”. Allora, perché ti comporti come se lo fossi? Quante volte hai chiesto sinceramente perdono non solo all’Altro, che hai ferito con il tuo comportamento egoico e talvolta egoista, ma in primis a te stesso per non essere stato capace di dominare l’Ego?
Il Tango esprime accettazione profonda del Sé attraverso la confessione e la condivisione sincera di pensieri ed emozioni, per quanto possano contraddire l’immagine che l’uomo (o la donna) dovrebbero trasmettere secondo le convenzioni sociali, ed è anche una coraggiosa ammissione di responsabilità.
“Un giorno ti ho incontrato con gioia, città. Sono arrivato portando con me poesie e sogni di successo … Il mio paesetto era lontano, perduto … Le tue notti erano vicine, le tue notti mi hanno vinto, le tue strade mi hanno catturato, il tuo splendore mi ha ingannato, non è colpa di nessuno, se non mia … Pessimismo inutile, desiderio di essere triste. Mania di pensare sempre al passato …” [Mi taza de café, Tango 1943, Música: Alfredo Malerba, Letra: Homero Manzi]
Poche parole che esprimono non solo l’ammissione della responsabilità di una scelta, quella di lasciare il luogo natio attratto da un altrove, mosso da un’illusione, in questo caso di fama, di successo, di una vita gaudente (le tue notti mi hanno vinto, le tue strade mi hanno catturato, il tuo splendore mi ha ingannato) ma anche il riconoscimento di quel piangersi addosso non risolutivo in cui capita di rifugiarsi, dopo aver scaricato le responsabilità della perdita del sogno sui soliti cattivi, forma di autocommiserazione accompagnata ed esacerbata dall’idealizzazione del tempo che fu (Pessimismo inutile, desiderio di essere triste, mania di pensare sempre al passato).
E’ evidente la doppia fuga del poeta: dal paese natio alla città in cui ha scelto di vivere, mosso da un sogno, e dalla città, che lo ha deluso, verso il paesetto dal quale il poeta si era allontanato, ora di nuovo mitizzato. Un atteggiamento un po’ infantile, non credi? Tuttavia, prima di giudicare, riflettiamo: non è capitato almeno una volta anche a noi?
Oh certo, la vita non è facile e può capitare di sentirsi in balia di un vento che ci trascina dove non sappiamo; può capitare di sentirci ombre in un paesaggio d’ombra.
“Che notte piena di angoscia e di freddo! Il vento porta con sé uno strano lamento. Pare un pozzo d’ombre la notte e tra le ombre io cammino molto lentamente! Nel frattempo la pioggerellina insiste con le sue punte aguzze sul mio cuore … Le gocce cadono nella pozza della mia anima fino alle ossa imbevute e congelate; indifferente a questo tormento passa il vento, ancora sospingendomi …”. [Garúa Tango 1943, Música: Aníbal Troilo, Letra: Enrique Cadícamo].
C’è chi, donna o uomo che sia, cerca inutilmente di sfuggire a questo disagio esistenziale cedendo all’Ego, rincorrendo, se non il mondo idealizzato, sogni di lusso e di piacere.
“Milonguera coi capelli corti, che ora ti esibisci al Pigall… Una notte sei fuggita dalla casa che aveva avuto cura di te … alla ricerca degli amori fuggevoli e del piacere, sei andata con altre donne nel luogo del dolore … Ricorda quel ragazzo innamorato che ha lottato per donarti un focolare … Ora sola abbandonata sulle ali del piacere te ne vai, con il cuore spezzato…” [Milonguera, Tango 1925, Música: José María Aguilar, Letra: José María Aguilar]
“…Non potrei prometterti di cambiare la vita che faccio, perché sono nato nottambulo e così dovrò morire. La baldoria mi attrae, come i café e le ragazze e dove c’è una milonga io non posso trattenermi dall’andare…” [Mala suerte, Tango 1939, Música: Francisco Lomuto, Letra: Francisco Gorrindo].
“Andiamo ragazzi! Voglio allegria, voglio stordirmi per non pensare. La vita è breve e bisogna viverla, lasciando da parte la realtà. Dobbiamo dimenticare il sacrificio, dimenticare quanto è difficile vivere. E in queste notti di festa e risate, mettere una nuova maschera all’Anima” [La vida es corta, Tango, Música: Ricardo Tanturi, Letra: Francisco Gorrindo]
Altri, per riempire il vuoto esistenziale, scelgono di adeguarsi, di adagiarsi in una apparente quiete, di vivere relazioni che rispondano ai parametri dettati dal mondo esterno, rappresentato dallafamiglia, dalle amicizie, dalla società intera: estetici, economici, formali, morali (o pseudo tali). Sperano così di ottenere da questi una approvazione, una finta accettazione e quindi un ruolo.
D’altra parte, chiunque rinunci a vivere secondo la propria Anima e a sviluppare il proprio vero Sé, non avendo il coraggio di assumersi la responsabilità di accettarsi e di accettare l’Altro, avrà sempre bisogno di una approvazione esterna e quindi di un ruolo all’interno di un gruppo. Guarda tu quante persone dicono “sono un professore”, “sono un medico”, “sono un avvocato”, ammettendo di fatto di essere nient’altro che quel titolo, quel ruolo!
Il Tango ammette l’inutilità di questa assurda egoica finzione, poiché è inevitabile che una qualunque relazione sentimentale così impostata sia solo l’incontro di due maschere e che, al cadere di queste, si svelino le incoerenze più profonde. C’è chi lo ammette e chi invece, quasi a scusarsi, dice che “l’amore è finito”, magari attribuendone la responsabilità all’altro, come se l’Amore, quello vero, fosse un’influenza o una malattia da cui si può guarire. Almeno nel Tango quest’inganno ed auto inganno si confessano, senza scambi di accuse tra i due.
“Pazienza… La vita è così. Abbiamo voluto unirci per puro egoismo, lo stesso egoismo che ora ci svela diversi. Perché fingere? Pazienza… La vita è così. Nessuno è colpevole, se esiste una colpa. Perciò la mano che ti ho dato in silenzio, non tremò quando ci lasciammo …” [Paciencia,Tango 1937, Música: Juan D’Arienzo, Letra: Francisco Gorrindo]
Altre volte, nonostante quell’Amore Assoluto a cui si anela sia a portata di mano, v’è l’incapacità di accoglierlo, quasi che accettando di vivere ciò che è si temesse di perdere chissà quale altra opportunità, chissà quale altro sogno. Così come l’erba del vicino è sempre più verde della nostra, i sogni perfetti che l’Ego coltiva sembrano essere molto migliori di quanto il Destino ci abbia giàdonato, benché se ne ammetta il valore e persino la rarità, non è vero?
Quale sogno si insegue dunque? La perfezione assoluta o un surrogato di eternità fatto di continui cambiamenti, una sorta di eterna giovinezza, il Paese dei Balocchi di Pinocchio o l’Isola che non c’è di Peter Pan?
Altrimenti, da cosa si fugge? Dall’impegno, dalla responsabilità? Dall’imperfezione dell’Altro che stigmatizziamo per non essere riusciti ad ammettere prima di tutto la nostra?
Il Destino ci mette alla prova continuamente, ma i suoi doni, se rifiutati, non è detto che ci vengano nuovamente riproposti.
“In questo quartiere che è una reliquia del passato, per questa strada umile che percorrevo, un tempo ho avuto, dietro quella finestrella ora serrata, il profumo d’amore e di un garofano… Camminavo per quella strada in albe pallide, con passo deciso verso un giorno di lavoro. Cordiale e semplice era il trascorrere delle mie ore. C’era l’amore di mia madre, l’amore della mia fidanzata… Amore, sempre! … Seguendo una strada cupa e fredda, lasciai il mondo buono e puro del passato, voltai l’angolo e senza pensare a quello che perdevo, me ne andai senza una rotta, per mai più tornare…”. [Barrio Pobre, Tango 1926, Vicente Belvedere, Francisco García Jiménez].
Il Tango ti svela l’auto inganno, ti confida le sconfitte che ne seguono ed indirettamente ti mette in guardia dall’errore. Infine, ti invita a vivere nel presente, a restare, ad accettare ciò che è, senza illusione, ma impegnandoti in un vero e profondo Amore: per te stesso, per la vita, per l’Altro. Per come tutto è, per ciò che è.
“Amore, la vita ci sfugge. Fermiamoci qui, è ora di restare! La nostra frustrante lotta è un poema interminabile al quale adesso possiamo porre fine. Apri il tuo cuore senza luce! Guarda com’è bello il ruscello! La mattina si risveglia ed io sento il desiderio di intrecciarti una corona di rugiada… Basta con le notti di oblio… Forse sei così abituata alle ombre che ti acceca il sole… Ma questo passerà e allora vedrai tutti i colori. Amore, fermiamoci qui! Amore, guarda il fiore e comprendi la verità che chiama il tuo cuore!” [Quedémonos aquí, Tango, 1976, Música: Héctor Stamponi, Letra: Homero Expósito]
Allora, cosa vuoi fare adesso, Amico?
Fuggire o vivere in modo pieno ciò che il cuore ti detta, vincendo le tue paure, uscendo da un mondo di sogni e di illusioni mai destinati a realizzarsi, il mondo perfetto dove il tuo Ego vuole a tutti costi collocare l’immagine del tuo Io idealizzato, salvo ritrovarti amareggiato perché né tu e né il mondo, lasciamelo dire, siete perfetti?
Vuoi continuare a collezionare i tuoi sogni, ad archiviare in bell’ordine quello che poteva essere ma non è stato, perché per renderlo reale avresti dovuto sporcarti le mani, rischiare, prenderti finalmente le tue responsabilità? O vuoi vivere, accettando ciò che è con coraggio e, rispondendo alla voce della tua Anima, facendo crescere il tuo vero Sé, realizzare ciò che la tua Anima vuole, con difficoltà certo, ma alla fine con profonda gratitudine verso te stesso, con grande gioia?
Lascia che usi le parole giocose di una milonga (credo sia la prima volta che ne cito una!) che in modo scherzoso ma altrettanto sincero ti regalano un suggerimento: è triste stare a guardare mentre c’è chi vive veramente.
Come ognuno di noi, tu chiedi l’Amore Assoluto. Io ti chiedo: vuoi davvero accettarlo?
“La vita è una milonga. Tutti aspettano che la propria vita migliori. Vivono sospirando, con ragione o senza ragione. Tutti si rammaricano se non vivono più tempi buoni… La vita è una milonga e bisogna saperla ballare. Perché è triste restare seduti mentre gli altri ballano” [La vida es una milonga, Milonga, Música y Letra: Fernando Montoni y Rodolfo Sciammarella]